“In una societá totalmente sana, l’unica libertá è la follia”
In un romanzo che nel 1988 forse poteva ancora suonare visionario ed eccessivo, il clustrofobico Jim Ballard racconta tramite la voce di uno psichiatra, l’eccidio di 32 persone – tutti adulti – in un quartiere residenziale molto “in” ed esclusivo appena fuori Londra. I 13 figli delle varie coppie che abitavano le lussuosissime ville con piscina di Pangbourne, svaniti nel nulla, probabilmente rapiti dagli assassini dei genitori.
Scommetto che se oggi vado di là nell’altro ufficio e apro City alle pagine della cronacaccia trash troverò qualcosa di molto simile. Povero Jim...e tu pensavi di scrivere un romanzo, magari, di “fantascienza”...una storia di lucida follia esasperata, di scandalo sociale impensabile e inaccettabile...e adesso invece ci basta aprire un qualsivoglia giornalaccio free press per trovare altrettanta – e forse maggiore – alienazione.
L’atmosfera che impregna le pagine è tipica ballardiana, molto “condominium”, molto “isola di cemento” (quasi ricorda la Cecità di Saramago in certi punti); claustrofobia, impossibilità di fuga se non con la forza delle disperazione, progressivo abbruttimento dell’essere umano che una volta murato vivo e circondato da vincoli eccessivi, anche se mascherati da apparente benessere, si dibatte con violenza per uscirne e respirare di nuovo. Inquietantissima la bimba più piccola del gruppo, Marion, di 8 anni, traumatizzata dallo shock che ripete all’infinito gli ultimi gesti e gli ultimi suoni sentiti prima di impazzire. Vien proprio voglia di mettere al mondo un figlio...
Falquo
11 anni fa
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