martedì 28 settembre 2010

Eclipse....Mamma Mia!

Cosí com’era detestabile e palloso il terzo libro di Twilight, cosí è ignobilmente pessimo e privo di qualunque tentativo di renderlo poco più che uno sfoggio di muscoli pompati, il terzo film, che mi sono incaponita a guardare fino alla fine sabato scorso dopo averlo interrotto per noia un tot di volte. La faccia abulica e totalmente inespressiva che Bella assume per tutta la durata del film è la cosa meno fastidiosa del patetico balletto fra licantropi e vampiri che si contendono a suon di canini la sua virtù. Edward, che poteva avere un certo fascino stracchinesco nel primo film, qui riesce solo a irritare per l’inutilitá estrema del suo personaggio che si anima solo negli slanci di gelosia più che giustamente attizzati dalla fidanzata che si sbaciucchia impertinente davanti a lui per poi dirgli “No, però amo di più te, tranquillo”. Davvero PATETICI i licantropi perennemente in jeans corti e pettorali al vento (casualmente la maglietta dell’unica donna-lupo del gruppo non si strappa durante la trasformazione!). Allora! Se vogliamo fare le cose come si deve strappategli pure i jeans e via! Le uniche scene movimentate di questo film dalla lentezza esasperante sono altresí ridicole e appena abbozzate per risparmiare sugli effetti speciali, in primis “l’allenamento” dei Cullen contro i baby-vampiri; tanto mi era piaciuta la partita di baseball in Twilight, tanto ho guardato narcolettica Jasper-dallo-sguardo-intelligente che insegnava ai fratelli a fare trappetta ai cattivi in arrivo.
Mamma Mia...
...invece, ecco, bello spettacolo...sempre a Milano come La Bella e la Bestia, sempre al Teatro Nazionale, sempre spropositato il prezzo del biglietto (67 carte in platea a metá sala). Avendo visto anche quello in lingua originale ho peró preferito quest’ultimo, non tanto per le traduzioni che erano in realtá davvero fedeli al testo, quando per una certa maggiore “dinamicitá” degli attori. Tolto che emulare la Streep che balla “Dancing Queen” sul molo sia pressochè impossibile, la Donna di questo spettacolo (etá probabile 65 anni) ha passato la quasi totalitá della canzone “Mamma Mia” ferma aggrappata a una porta in simil-posa-Eleonora-Duse anzichè scatenarsi sul motivo trascinante dello show. E che cavolo! Altro lato negativo, le voci degli uomini protagonisti, davvero nulla di speciale rispetto ai cantanti americani e financo a Pierce Brosnan che nel film sembrava stesse per esalare l’ultimo respiro da un momento all’altro (lato positivo, invece: Sam, almeno da lontano, assomigliava ad ALBERTO! :-)). Poi per caritá, musiche fantastiche, balletti ben coreografati, costumi zepposi terribilmente kitch e una Tanya esuberante come sempre, hanno fatto trascorrere due ore piacevolissime culminate in “Waterloo” cantata e ballata tutti in piedi. Nessun rimpianto per le 67 carte...anche perchè la passiata a ripa Navigli mi è piaciuta come la volta scorsa!

giovedì 16 settembre 2010

Koru

Siccome si sta avvicinando una data che mi suscita contemporaneamente agitazione ma scoppi di liberatoria ilaritá improvvisi, frustrazione da fallimento ma incredibile voglia di voltare pagina urlando un bel SUCA a n persone che considero alla stregua di rami secchi, vago senso di inkazzo residuo ma indifferenza imperante che si fa strada, la Paoletta (la mia consulente zen per i momenti di sfiga cosmici) mi ha cercato un talismano che simboleggi tutto quanto di positivo ci sará dal 27 settembre ore 11.00 a.m. (per tenerci larghi) in poi.
Eccolo:

Nuova Vita, Crescita, Forza, Armonia

Koru è il nome Māori dato al germoglio della felce della Nuova Zelanda denominata Ponga e simboleggia nuova vita, crescita, forza e pace.

Dalla forma arricciata, a spirale, questo germoglio si erge verso la luce, e simboleggia l’inizio di una nuova vita, all’insegna del bene e della speranza.

È un simbolo integrante nel tatuaggio e nella scultura Māori…lo troviamo infatti anche sotto forma di sculture in osso. Quando l'osso è portato sulla pelle, con il tempo assorbe colore. Per i Maori questo stava a significare che lo spirito del portatore entrava nel pendente. Quando qualcuno consegnava il proprio ciondolo a qualcuno, era bene che costui lo indossasse per un certo periodo di tempo in modo da infondere nell’oggetto anche una parte del proprio spirito.

Inutile dire che mi sono appena comprata una felce ENORME che cercherò di non uccidere assetandola...NON sarebbe un buon segno per il mio karma... :-)

I Libri Mai Finiti

Pietá è morta. No mezzi termini.
In ordine di abbandono:

1. Casino Totale, di Jean-Claude Izzo. Giunta fui fino al ritrovamento del cadavere martoriato di una ragazza che proprio non avrebbe dovuto morire invece, ecco. Non c’entrava nulla con la trama noir di base, perchè mai ha dovuto farla finire in quel modo? Chiuso il libro inkazzata nera e anche un pó disgustata. Peccato perchè lo stile non era malaccio.
2. Alfred&Emily, di Doris Lessing. Arrivata a malapena a pagina 12, richiuso, spento la luce e addormentata di botto. Ho avuto la mia fase “Doris Lessing” molti anni fa, quando avevo il mal d’Africa, e conservo un bel ricordo di Se gioventù sapesse, ad esempio. Ma ora che questa fase si è acquietata, trovo i suoi libri decisamente pallosi.
3. La Casa Nera, di Patricia Highsmith. Ma cos’è STA ROBA, esattamente? Il racconto più furbo parla di una che riparando un cesto di vimini trovato sulla spiaggia, si fa venire una crisi d’angoscia perchè non capisce come sia stata capace di riparlarlo cosí bene, vuoi mai che in un’altra vita fossi una riparatrice di cesti, oddio che ansia. Eeeeeeehhhhhhh??? Ma stiamo scherzando???? 12 euro buttati nel cess(T)o.
4. Il Gaucho Insostenibile, di Roberto Bolaño. Zzzzzzz...zzzzzzzz...zzzzz...zzzzzz...
5. La Vita Davanti a Sè, di Gary Romain. Maronna che palle...che lagna mortale, che barba totale! Lento oltre ogni dire e con personaggi a dir poco incredibili, ideati a parer mio solo per suscitare un pó di empatico pietismo per il protagonista. W Oliver Twist!
6. Trilogia della Cittá di K, di Agota Kristoff. Chiuso il libro nell’ennesimo punto trash zuppo di sangue e sbudellamenti, dopo essere passata a stento attraverso le pagine a base di pedopompini. Squallore&disgusto, peggio di Cecitá di Saramago che, se non altro però, pretendeva di avere una morale di fondo.
7. Breaking Dawn, di Stephenie Meyer. Oh, Signore. Tre libri erano giá decisamente troppi, figuriamoci quattro. Due sarebbero stati, forse, il giusto livello di sopportazione di melensi dialoghi del calibro di “ti amo”, “no, ti amo di più io”, “no, di più io”, “no, ho detto di più io”, e una trama deboluccia e stiracchiata con tagli mirati sulle scene d’azione che non sono proprio il forte della Meyer. Bella ci mette 3 libri per decidere a chi darla e in questo finalmente sceglie il vampiro che la mette subito incinta e nasce una femmina fra atroci dolori di mammá e poi, per Dio, ho smesso perchè non ce la facevo davvero più. E pazienza se resteró con l’atroce incognita di come va a finire la storia.
8. L’Ospite, di Stephenie Meyer. Oh, Signore. Non paga di essermi tritata i maroni con i 4 mattonazzi di Twilight, in una botta di sfiga decido di comprare sta MERDA. Arrivo a stento alle prime 20 pagine, poi ho voglia di usare il libro al posto della carta igienica.
9. Ogni Cosa E’ Illuminata, di J.S.Foer. Stranissimo caso di film STUPENDO e libro ORRIPILANTE. Assurdo, delirante, crudo e sessualmente deviato. Lo sceneggiatore che è riuscito a tirar fuori da sta mostruositá ignobile quel capolavoro dolcissimo e intenso che era il film con Frodo occhialuto, è un GENIO. La scena della patata (“...non avete nulla senza carne?”) rasenta i limiti dell’Estetica Perfezione.
10. Eragon, di Christopher Paolini. Niente da fare, sono cresciuta. Peccato. Addio draghi :-(

Questi 10 solo per cominciare...

lunedì 13 settembre 2010

Jack

Jack è un sedicenne americano come tanti, quindi con bagaglio di genitori divorziati al seguito, madre che cambia amante (trovandone sempre uno più strambo dell’altro) spesso e volentieri, problemi ormonali a palla, problemi scolastici e problemi con le ragazze, a cui un giorno il padre confessa di essere gay. Apriti cielo. All’improvviso il “segreto” è sotto gli occhi di tutti, compaiono le scritte “finocchio” sull’armadietto della scuola, arrivano le prese in giro dei compagni e la sensazione di essere additato e messo in disparte per “colpe” non sue. Ma scopre anche che il padre della più bella della scuola è altrettanto gay, e questo lo avvicina alla ragazza riuscendo alla fine a conquistarla, che quella che riteneva essere la sua famiglia perfetta – quella di Max, il suo migliore amico – in realtá è molto peggio dell’abbozzo della sua, che Max stesso è comunque sempre dalla sua parte e non lo ghettizza affatto, e di non aver perso il suo tocco magico a basket, diventando anche l’eroe della scuola dopo una partita grandiosa.
E alla fine imparerá a convivere con i gusti paterni tollerandone il di lui compagno, Bob, quando capisce che la vita è fatta di scelte, difficili a volte, e che entrambi i suoi genitori – che fra l’altro riescono finalmente a riappacificarsi nel momento in cui si trovano a dover fronteggiare un’emergenza comune – le hanno appunto fatte senza però mai smettere di volergli tutto il bene possibile.
Il romanzo “di formazione” è MOLTO divertente. Scritto in prima persona, è un continuo succedersi di micidiali battute botta-e-risposta fra Jack e i vari personaggi (il padre iperapprensivo, la madre sklerata, il suo ultimo compagno new-age e soprattutto l’acido istruttore di guida...le parti relative alle lezioni su strada raggiungono l’apice della comicitá) e, a parer mio, gli si perdonano alcune ingenuitá, in primis il fatto che Jack si esprima e talvolta agisca come un ragazzo molto più maturo dei suoi 16 anni.
Max in particolare, pur essendo una macchietta, ha alcuni atteggiamenti deliranti/psicotici davvero comici, senza contare le parti in cui viene descritto mangiare in quantitá industriale qualsiasi porcheria gli capiti sotto tiro (inclusi gli avanzi addentati altrui, disgustoso).

mercoledì 8 settembre 2010

Alberta&British Columbia - No rush...

Chi come me è innamorato di “La Febbre dell’Oro” di Chaplin, in un posto come Stewart avrebbe raggiunto il Nirvana. Il drugstore, una panetteria/dolceria, un caffè, l’imperdibile museo del tostapane (!), il Ripley Creek Inn in legno scricchiolante, il liquor store e un’unica strada centrale su cui tutto questo si affaccia. E per lo meno questa è asfaltata. Il paese gemello in Alaska, Hyder, ha ancora lo sterrato. Fantastico.
Stewart e Hyder sono state il top, il culmine assoluto, l’apoteosi dello spettacolare viaggio in Alberta e British Columbia di quest’estate, viaggio fatto di paesaggi dall’incredibile bellezza finora solo agognati sospirando su una foto.
Tutto il resoconto – per altro noiosissimo – giorno per giorno si trova sul sito di turistipercaso (http://turistipercaso.it/canada/59675/alberta-e-bc-20-giorni-into-the-wild.html), mentre alcune foto sono in http://community.webshots.com/user/chisky ...ma una cosa vorrei invece raccontare qui...la sensazione atavica di PANICO inteso come MERAVIGLIA misto a TERRORE di fronte a certi spettacoli della Natura. Come la prima volta che ho visto un’eclissi totale, ad esempio. La sensazione “sono fottuto” come primo, irrazionale pensiero che attraversa la testa, ma è un “sono fottuto ma muoio alla grande” col cuore che scoppia per lo stupore di aver visto qualcosa di troppo grande per i nostri occhi e per i sensi che fino a quel momento non avevamo allenato a percepire la Grandezza Assoluta. Prima di arrivare a Stewart...guidavo io...svolto una curva e...BAM...il cuore si ferma...una lingua di ghiaccio ENORME, di fronte a noi, che scendeva a un pelo dalla strada e formava un lago dall’inquietante color caffelatte che il vento corrugava sospingendo le onde verso di noi. “Sono fottuta”. Quando ho ripreso a respirare mi son accorta di aver fermato la macchina e di essere scesa cercando – e non è un modo di dire – di credere ai miei occhi. Non avevo mai visto una massa di ghiaccio di quella portata a due passi, senza preavviso, e sí che la Lonely avvertiva che il Bear Glacier scendeva fino a livello della strada. La forma tortuosa che si snodava dalla montagna lo rendeva dinamico, sembrava una colata azzurra in movimento pronta a sommergere il lago e a colmare in una frazione di secondo il piccolissimo divario che restava fra la riva e la nostra macchina. “Sono fottuta ma muoio alla grande”.
E poi...vi è mai successo di guardare qualcosa con i vostri veri occhi e di fissarlo come un’ebete pensando di vederlo comunque attraverso uno schermo? Cioè di avere la sensazione di non essere lí davvero perchè, di nuovo, lo spettacolo a cui state assistendo è troppo per i vostri neuroni oltremodo provati dal grande fratello? A me è successo con gli orsi, dal primo, beccato per caso mentre ci attraversava la strada, all’ultimo, che nuotava placido nel fiume pescando a zampate qua e lá un salmone distratto. E guardandoli attraverso l’occhio della macchina fotografica la sensazione peggiora. Inquadri, scatti, guardi la foto sul display, fa schifo, la cancelli, inquadri di nuovo, scatti di nuovo, guardi la foto, la ritieni accettabile, inquadri di nuovo...e alla fine, quando ti imponi di osservare il grizzly con i tuoi veri occhi e di piantarla lí con ste foto che tanto stai facendo di merda perchè sei un’idiota e non ti sei portata il 400 mm, ti sembra di guardare Superquark (ahimè senza Alberto), puntata plantigradi. E poi l’orso si allontana e tu non ti rendi neanche conto di averlo visto davvero. Ma una cosa invece ho SENTITO, meno male che gli altri sensi riescono a sopperire, e questa la ricorderò finchè campo semplicemente chiudendo gli occhi. C’è stato un istante, uno solo, in cui la grizzla con tanto di cucciolo mi ha FISSATA. Ed eravamo talmente vicine (io me ne stavo bella tranqua sulla passerella in alto, no risk) che ho sentito il suo respiro. Come quella volta che ero talmente vicina a un delfino da sentire il suono dallo sfiato quando è emerso dall’acqua scivolandomi accanto. Ecco, anche solo per questi suoni, e queste frazioni di secondo senza tempo, è valsa la pena andare in quell’angolo sperduto di mondo.
Mi piacerebbe RICORDARE tutto questo quando il casino della quotidianitá si fará stressante e/o quando mi lamenterò per cazzate come mio solito. Buoni propositi per l’anno “nuovo”...

"...I am here in the essence of Nature. So until we meet again, live life to its fullest for we are here but a little while."