domenica 29 agosto 2010

Il segreto dei suoi occhi

Questo libro è BELLISSIMO.
E potrei finire qui la recensione perchè davvero, non c'è altro da dire.
Però continuo.
Appassionante, coinvolgente, commovente, con personaggi REALI e UMANI come non mai, riflessioni sull'Amore fatte dal protagonista a cui questo sembra negato, riflessioni sulla vita, fatte dalla vittima a cui la Vita stessa ha tolto all'improvviso tutto quanto di bello gli aveva in un primo tempo donato, ingiustizie da far gridare vendetta, pezzi di bravura unici come non leggevo da tempo. E scatta in uno dei primi posti in vetta alla classifica "I Miei Preferiti!”

"[...]"Ma" è la parola più stronza che conosco [...] "Ti amo ma...", "Si potrebbe ma...", "Non è grave ma...", "Ci ho provato ma..." Si rende conto? Una parola di merda che serve solo a far esplodere quello che era, o che avrebbe potuto essere, ma non è."

"In questo preciso istante questo ragazzo sta entrando in un tunnel senza fine da cui probabilmente non uscirà più per il resto della vita. [...] Ero triste, ma cos'era di preciso che mi intristiva? [...] Mentre osservavo il volto atterrito del ragazzo [...] credetti di capire che talvolta a commuoverci, nel dolore altrui, è la paura atavica che quel dolore tocchi anche a noi."

"Ero quasi riuscito a dare un nome a quello che avevo provato ascoltando Morales. Era invidia. L'amore vissuto da quell'uomo mi risvegliava un'enorme invidia, al di là della pietà suscitata dalla tragedia in cui alla fine era naufragato. "

Adorabile. Adorabile la figura di Benjamin Miguel Chaparro, il vice-cancelliere protagonista del libro che parla in prima persona del delitto apparentemente irrisolto risalente a 25 anni prima e del quale si era occupato insieme al fidato aiutante Pablo Sandoval (un MITO, uno dei personaggi più riusciti di cui abbia mai letto, non esagero, la trappola in cui fa cadere l'assassino è semplicemente geniale, da applaudire!), adorabile l'amore perpetuo di Ricardo Morales, il marito della donna uccisa che scruta i passanti da anni alla ricerca del suo assassino, adorabile il modo in cui passato e presente, romanzo vero e romanzo scritto da Chaparro per ricordare e raccontare la vicenda si incrociano, narrando poco per volta sia il delitto e le indagini successive, sia la vita del protagonista, complicata e affascinante al tempo stesso.
Oscar per il miglior film straniero di quest'anno, il film tratto da questa meraviglia non credo che comunque entrerà nella mia cineteca; temo troppo la delusione che una trasposizione cinematografica del Libro con la Elle Maiuscola mi possa dare (vedi "Sostiene Pereira", quand'è che la moglie di Benigni si dedicherà unicamente ai fornelli?).

sabato 28 agosto 2010

Sei donne e un libro

Il commissario De Vincenzi, nonostante le indubbie capacità logiche e deduttive che gli sono proprie, diciamolo, è davvero uno snob antipatico dai modi altezzosi e spesso insolenti. Ma i romanzi di De Angelis, ambientati nella Milano degli anni '30, hanno un gusto retrò particolare, nostalgico quasi, un pò Signorina Felicita, un pò salotto di Nonna Speranza e vaghi echi gozzaniani. Ai giorni nostri fa tenerezza leggere di "gentiluomini" o "gran signori" che fanno il baciamano a "nobildonne altere" che mai uscirebbero di casa senza cappellino a veletta e ombrellino, oppure di "garzoniere", "tramvai", "vene jugoulari", o ancora leggere una lettera del commissario stesso alla sua cara "mammetta" rimasta in Val d'Ossola con la domestica e il cane mentre lui lavora in città guardato a vista dalla sua vecchia balia che lo accudisce ("Antonietta, preparami i vestiti, preparami il bagno!"). Reminescenze a parte, la trama regge intrigante anche in questo romanzo datato 1936 che ruota attorno a un misterioso libro dai toni erotici (oddio! scandalo!) scomparso da una liberia antiquaria e i personaggi si susseguono ben delineati nell'aspetto (notevoli le descrizioni delle 6 donne protagoniste) e nel loro muoversi attraverso le pagine. L'assassinato è un primario ex-senatore donnaiolo convinto e quindi si sta dalla parte dell'assassino fin dalla scoperta del cadavere, quasi si vorrebbe un finale con De Vincenzi che intuisce ma perdona e lascia fuggire...

Augusto De Angelis nacque a Roma nel 1888 e svolse l'attività di giornalista e scrittore durante il fascismo [...] Egli riuscì a creare, nonostante le strette maglie della censura fascista su questo genere letterario (tra cui l'obbligo di adottare nomi stranieri per i personaggi che si rendevano colpevoli di qualche delitto e quello di non rappresentare suicidi), una figura di poliziotto svincolata sia dai modelli anglosassoni sia dai modelli che in qualche modo potevano richiamare le 'maniere forti' care al regime [...] De Angelis [...] dopo l'8 settembre del '43, a causa di una delazione, venne arrestato col l'accusa di antifascismo. Segregato nel carcere di Como ne uscì solo dopo alcuni mesi assai malconcio e debilitato. Tornato a Bellagio, dove risiedeva, ebbe la sfortuna di incontrare la donna che lo aveva denunciato, la quale, avendo visto in che condizioni versava attualmente lo scrittore, tentò goffamente di scusarsi. De Angelis le disse di lasciar perdere in quanto ormai 'acqua passata' ma questo provocò il fraintendimento del fidanzato 'fascista' della donna che, interpretando come un affronto la discussione fra i due, lo picchiò selvaggiamente con calci e pugni fino a provocarne la morte dopo pochi giorni, precisamente 18 luglio del 1944. La figura del commissario De Vincenzi finì così nel dimenticatoio almeno fino ai giorni nostri, eccezzion fatta per una breve riscoperta negli anni '70 grazie all'interpretazione del commissario fatta dal grande Paolo Stoppa in una serie televisiva della Rai basata su tre romanzi di Augusto De Angelis (Il candeliere a sette fiamme, L'albergo delle tre rose, Il mistero delle tre orchidee).

giovedì 5 agosto 2010

Toy Story 3

Definito il film del 2010 che più ha fatto piangere I MASCHI – Metá in primis – questo assoluto ed ennesimo capolavoro della Pixar commuove davvero sul finale, perchè parla di crescita, di abbandono dei giochi, di bellissimi ricordi ad essi associati e di amicizie che non si spezzeranno mai. E fa tornare con la mente a quando eravamo noi ad essere abbracciati nel letto al nostro orsacchione preferito che ci proteggeva dal buio...ma chissá che fine avrá fatto ormai.
Questa è la riprova che un sequel può essere anche migliore dei precedenti quanto le idee ci sono e la tecnologia supporta anzichè tentare di sopperire a una trama scadente. Umani che sembrano attori veri – splendida la bimba figlia della maestra - e giocattoli dalle movenze ultranaturali si incontrano in un asilo-lager dove imperversano, oltre all’orsacchione falsamente amichevole che è il capo della banda, figure inquietantissime come la scimmia-guardiano e il cicciobello-bodyguard o il trendyssimo Ken dall’incedibile guardaroba (“Non sono un giocattolo per bambine!!!”).
Buzz che swiccia in modalitá ispanica e chiama Woody “el vaquero” fa semplicemente MORIRE dalle risate, mentre un po’ patetico il doppiaggio di alcuni personaggi, il telefono-Gerry Scotti o, ancora peggio, il clown triste-Giorgio Faletti, mamma mia...erano quasi meglio i calciatori di Shaolin Soccer.
Il solito 3D utile solo a far intascare 10 euro al cinema si può tranquillamente lasciar perdere, godendosi questa meraviglia a tutto tondo banalmente ma entusiasticamente in due dimensioni.

mercoledì 4 agosto 2010

The Box

Il regista di Donnie Darko e il trailer dai toni frenetici e incalzanti mi hanno spinta a tentare la sorte andando a vedere questo filmaccio che con Donnie ha poco da spartire, se si esclude una vaga atmosfera onirica in alcuni scene dai toni mistico-esoterici che mixano fantascienza marziana a purgatori danteschi. Lungi dal rinfocolare il mistero della vicenda, questi “spezzoni” cuciti un po’ alla rinfusa secondo me la appiattiscono confondendo inutilmente uno spettatore giá dubbioso su n punti: un tizio orribilmente sfigurato che dice di essere il dio dei fulmini (!) ti piomba in casa con un pulsantone e un milione di dollari cash e tu lo fai entrare bella tranqua chiedendogli semplicemente “ma lei, per chi lavora?”. Oppure: hai appena scoperto che la Nasa ha usato la tua domanda di ammissione come astronauta – su cui puntavi tutta la tua carriera – per pulire il cesso del Viking e la sera cosa fai? Vai bello tranquo a teatro e poi torni a casa a smontare il pulsantone anzichè dire a tua moglie che come minimo è una pazza psicotica per aver solo concepito l’idea di ammazzare qualcuno e tenersi i soldi. Oppure ancora: da qualche giorno a questa parte tutti quelli che ti rivolgono la parola hanno lo sguardo ebete fisso in un punto all’infinito, biascicano cose senza senso e dopo un po’ iniziano a sanguinare dal naso...ma...e porsi qualche domanda? Oppure ancora: come si giustifica il sicuramente astronomico compenso che avrá ricevuto la Cameron Diaz per mostrare irrevocabilmente la stessa, depressissima, angoscia(n)tissima faccia per tutta la durata del film? Era senza dubbio più espressivo Frank, il coniglio gigante.
Mi piacerebbe ora oltremodo leggere il racconto di Matheson (http://en.wikipedia.org/wiki/Button,_Button_(The_Twilight_Zone)) da cui è stato tratto il filmaccio e vedere quanto è stato deturpato. Donnie e i suoi wormhole restano imbattuti.