sabato 13 novembre 2010

Ebano

Il secondo libro che leggo di Ryszard Kapuscinsky, reporter polacco morto nel 2007 che aveva al suo attivo più di 40 anni d'Africa, e che mi è piaciuto addirittura più di Un giorno ancora.
E' incredibile la sua capacità di rappresentare sulla carta il "fattore umano"; l'Africa che lui descrive sono le PERSONE che incontra e con le quali interagisce nel suo peregrinare da una guerra a un'epidemia, a un campo profughi, a un cumulo di macerie fumanti. Persone che sono lontanissime dal nostro vivere quotidiano, di cui vagamente intuiamo le condizioni ignobili in cui son costretti a vivere attraverso i telegiornali ma che non distinguiamo quasi come singoli elementi; noi vediamo una MASSA di persone che soffrono, pensiamo "oh poverini" e solitamente ci scarichiamo la coscienza facendo un'offerta a Medici Senza Frontiere sotto Natale.
Kapuscinsky, che in questo bellissimo Ebano tratta uno stato africano a capitolo, descrive i suoi particolari incontri con PERSONE singole, esseri che camminano nei deserti o nelle savane, lungo i fiumi, nelle giungle e che vivono in maniere per noi assurde, arrabattandosi ai peggio lavori per sopravvivere, persone che muoiono di fame perchè il governo ha sottratto loro la terra o il bestiame, persone che combattono senza pietà per tornarne in possesso, persone crudelmente e ottusamente al soldo di dittatori come Amin, persone ancora prigioniere di superstizioni medioevali, ma anche persone che sanno cosa siano la lealtà, l'onestà e il rispetto reciproco.
Kapuscinsky era senza dubbio un grande, sia per l'essere sopravvissuto sano di mente a certi spettacoli, non ultimo il letto brulicante di scarafaggi pelosi grandi come una mano, sia per aver mantenuto inalterato l'amore per questa terra e i suoi contrasti allucinanti nonostante la malaria, sfociata poi in tubercolosi (non aveva però voluto farsi rimandare a casa perchè la redazione non avrebbe poi avuto i soldi per rispedirlo di nuovo laggiù), i conflitti a fuoco in cui si era trovato coinvolto, gli innumerevoli passaggi sotto le bombe, i posti di blocco, i deserti da attraversare senza acqua e con benzina limitata. Conoscere le persone del luogo, parlare con loro, imparare a capire il loro modo di pensare e di vivere senza mai giudicarle ma solo ascoltandole, gli aveva permesso di essere sempre in prima fila quando la Storia si muoveva. Un grande davvero, un vero reporter. Peccato averlo scoperto solo adesso e non essere riuscita a seguire prima del 2007 le sue avventure dal vivo.

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