Da quando entra in scena la stronza - non la si può definire altrimenti - Tasja, il primo e indimenticato amore del protagonista, le pagine diventano un susseguirsi di irritanti motivi per ucciderla, altro che pendere ancora bavoso dalle sue labbra dopo vent'anni che costei ti ha mollato da perfetto perdente. La tipica donna capace solo di capricci egoistici che, per qualche misterioso motivo, la rendono ancora più desiderabile anzichè far venir voglia di mandarla a stendere una volta per tutte.
Costei si ripresenta al'improvviso, sfacciatamente incinta di un altro ma innamorata persa di un terzo e prima cosa chiede dei soldi. Ora io dico: ma non bisognerebbe sbatterle la porta in faccia? No, il protagonista comincia a flash-backare su quanto fosse stato (in)felice con sta stronza in gioventù, come per colpa sua avesse dovuto mollare l'università per l'esercito, come lei gli avesse reso la vita impossibile...e l'aiuta. Mah.
Peccato. La prima parte del libro delineava con un'ironia non comune le litigiose faziosità degli ambienti letterari nei convegni filo-sovietici che fioccavano negli Stati Uniti dei primi anni '80 e riflettono la profonda cultura sull'argomento dell'autore, giornalista sregolato che veniva periodicamente licenziato dalle redazioni in cui lavorava (credo sia un pò un alter-ego del suo protagonista)...la seconda parte è invece a parer mio, eccessivamente irritante per melensaggini e comportamenti umanamente idioti.
Finisce polverosamente in seconda fila su uno scaffale. Tzè.
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