mercoledì 23 giugno 2010

Una favoletta di Italo Calvino – Marzo 1980

Fonte “Patria 1978-2008”, Enrico Deaglio

cut&paste dalla fonte …

“C’era un paese che si reggeva sull’illecito…”, e, dopo aver passato in rassegna gli effetti della corruzione, del gangsterismo, della violenza politica e la loro saldatura in un sistema stabile e compatto, racconta di una pur sempre numerosa categoria di cittadini “cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti. Erano costoro, onesti non per qualche speciale ragione (non potevano richiamarsi a grandi principi, né patriottici, né sociali né religiosi, che non avevano più corso); erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma, non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno al lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione di altre persone.[…] Dovevano rassegnarsi all’estinzione?”

No, conclude la favola di Calvino: “la contro società degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità, di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa di essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è”

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