Dopo aver avuto una mezza crisi di nervi leggendo quella me&$)/& fott(/(% di Ammaniti (vedi commento al post "I libri mai finiti"), decido di RILASSARMI buttandomi su questo resoconto della guerra di indipendenza dell'Angola nel '75, scritto da Ryszard Kapuscinski, reporter polacco che ha vissuto in prima linea quei momenti di delirio collettivo. Ciò che più mi ha colpita di questo libro non è la descrizione macabra delle atrocità che indubbiamente ci sono state e che in effetti mi aspettavo di trovar dettagliate, ma il fattore umano rappresentato, l'aver fatto (ri)vivere in maniera quasi tangibile le figure memorabili incontrate sul suo cammino di giornalista scriteriato, sempre pronto a dirigersi al fronte dove le diverse coalizioni si stavano fronteggiando. Uomini e donne che combattono, ognuno a proprio modo, armati spesso non di fucili ma di speranze, cercando di sopravvivere "ancora un giorno".
Carlotta, la donna soldato da lui immortalata sorridente il giorno prima che cadesse in un agguato, dona Cartagina, la vecchietta che si incaponiva a rifargli la stanza all'hotel Tivoli di Luanda nonostante la città fosse ormai disabitata e sotto assedio, il comandante Farrusco, il presidente Neto, dom Silva e sua moglie Esmeralda, Felix, Oscar, Ruiz il pilota, sono ritratti vividissimi e vitali, personaggi straordinari e coinvolti ognuno a suo modo in questa guerra che per altro si trascina ancora ai giorni nostri fra alterne vicende.
Le atmosfere e i paesaggi che Kapuscinski ha saputo ricreare sulla carta, sono Africa purissima. I posti di blocco in mezzo al nulla dove si rischia la vita con il saluto sbagliato, le ore interminabili passate sotto il sole aspettando una decisione del capo-clan, la polvere del deserto, la giungla madida di umidità, le baracche di latta e le ville abbandonate dai portoghesi in fuga, la curiosità di quelli a cui raccontava della lontana Polonia, la città di Luanda che piano piano si spopola rimanendo senz'acqua e senza elettricità. La descrizione dei portoghesi che imballano tutti i loro averi in enormi casse di legno, è splendida e onirica; sembra quasi di vedere questa "città di legno" che si popola mentre la "città in muratura" si svuota...commercianti, poliziotti, vigili del fuoco, spazzini, fornai, artigiani, postini...e alla fine anche i cani abbandonano la capitale al suo destino. Una lettura che non tratta certo argomenti spassosi, ma che scorre via piacevolissima per l'incredibile capacità di Kapuscinski di riuscire a descrivere e a trasmettere la SPERANZA, quel tenue barlume di umanità, amicizia, cameratismo che permette di sopravvivere anche alle peggiori avversità.
Falquo
11 anni fa
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