Due indagini che procedono in parallelo si scoprirà alla fine essere due fili della stessa matassa destinati a riunirsi in maniera ingarbugliata: il commissario Beck, messo dietro a una scrivania dopo la ferita che l'aveva quasi ucciso nel romanzo precedente, scopre lemme lemme la sua parte di verità ma non viene creduto, mentre il vero assassino finisce comunque in galera ma per una colpa che non ha commesso.
L'unica parte divertente e un pò movimentata è l'assalto mal riuscito a quello che si riteneva essere il covo dei banditi, a causa di una soffiata imprecisa: la polizia ne esce contusa e ferita nell'orgoglio in mezzo a lacrimogeni lanciati senza motivo e cani poliziotto infuriati che azzannano i loro stessi padroni.
Stupisce come sempre la descrizione della Svezia anni'70 che fanno i due autori. O in 30 anni le cose sono cambiate radicalmente o davvero non si capisce come un posto che sprizza indigenza, inquinamento e ingiustizie sociali da tutti i pori possa adesso godere di questa fama di stato perfetto e di paradiso naturale che si vagheggia per lo meno qui da noi. O forse ancora, noi siamo messi peggio.
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