http://www.youtube.com/watch?v=BUIAsWsqiyk
Clo mi ha scritto una bellissima frase a proposito di questo documentario che ieri ci siamo sciroppate all’insegna dell’allegria galoppante e sfrenata:
“Non ho ancora capito se la NY degli anni ‘70 ha prodotto solo artisti o se qualsiasi depravato che ci abbia vissuto sia considerato artista solo per essere stato al posto giusto nel momento giusto a fare le cose sbagliate”.
Direi che ha riassunto in 2 righe il pensiero dell’intera sala. Party alcolici, abuso di droga, sesso libero&selvaggio e orge varie (uomini, donne, trans, gaylesbo, drag queens, cani, porci) erano all’ordine del giorno nella vita da ventenne di questa fotografa che inizia a scattare immagini di persone come tracce, per non perdere mai il ricordo di coloro a cui vuol bene. Sconvolta dal suicidio della sorella maggiore quando era ancora una bambina, Nan scappa a NY appena quattordicenne e inizia la sua ribellione a suon di eroina, circondata da un gruppo di amiconi drugá ma con i quali tuttora mantiene ottimi rapporti dopo un tot di passaggi in clinica per disintossicarsi. Con i sopravvissuti, ovviamente. Perché con l’arrivo degli anni ’80 arriva anche l’AIDS e pretende il pagamento per l’abuso di droga, il sesso libero&selvaggio e le orge varie (uomini, donne, trans, gaylesbo, drag queens, cani, porci).
Questo é stato l’aspetto che mi ha piú colpita e che meglio ha reso, secondo me, il senso di perdita che deve aver sperimentato l’autrice (il documentario é autobiografico e narrato in prima persona) che si chiede con che criterio alcuni si siano ammalati e altri, come lei, no, nonostante tutti fossero ugualmente coinvolti...il sapore della libertá assoluta che all’epoca si credeva di avere, il pensare di poter esagerare in vizi e perversioni senza limiti di sorta e senza un prezzo da pagare...e la sua brusca interruzione all’arrivo di questo fantasma dai contorni indefiniti, che ha iniziato a colpire qualcuno come una semplice infezione polmonare e poi uno dopo l’altro in tantissimi hanno cominciato a incavarsi e a morire con una flebo nel braccio e l’amico di fianco al letto a reggergli la mano scheletrica per l’ultima volta. “Ci credevamo immortali”, ha detto un intevistato, HIV positivo, che prende 4 pastiglie al giorno per tenere a bada le infezioni mentre ammette la paura che lo assale quando si rende conto che sta per morire anche lui.
Temevo che il documentario fosse per “pochi radical chic” (citazione molto attuale) e/o intellettualoidi da strapazzo, invece l’ho trovato commovente e ben articolato fra fermi immagine, interviste, voce fuori campo con racconti di vita vissuta. Che poi, esattamente come Clo, mi venga il dubbio che l’Arte sia spesso da ricercarsi da tutt’altra parte...é un’altra storia ancora.
Falquo
11 anni fa
Da Clo che non riesce a postare!
RispondiElimina"Mi rendo conto che la mia frase suona giudicante (depravati, fare le cose sbagliate, etc), ma un po' di invidia per chi ha saputo disfarsi ritrovarsi sbagliare e sopravvivere e fare pure di tutto questo arte lasciatela a chi, mestamente, e' sempre stata obbediente. Ma ha comuque preso le sue due pastigliette al giorno e morira' comunque.
(rientrare a BXL mi rende sempre ottismista e solare!!!)"
Mah...anch'io moriro' comunque, ma spero almeno di non farlo per un mio errore...soprattutto senza sapere di averlo commesso mentre lo commettevo.
RispondiEliminaTutto chiaro, no?