lunedì 28 febbraio 2011

Kirkuk Kaffe

Da tempo puntavo questo ristorante curdo/greco di via Carlo Alberto 16 (http://www.kirkukkaffe.com/) che giá dall’esterno, le volte in cui mi ero fermata a sbirciare, mi aveva ispirato fascino mediorientale e aria da tendopoli maghrebina. L’interno infatti non delude, ricchissimo di suggestioni arabeggianti su pavimenti e pareti, ma, secondo me, é anche quanto di meglio offre il locale. Le recensioni entusiastiche che si leggono su internet, addirittura “il miglior kebab della cittá”, mi lasciano, tutto sommato, un pó esterrefatta. Non si mangia assolutamente male, intendiamoci, ma trovo sia un posto che va decisamente bene soprattutto per vegetariani e salutisti che vanno pazzi per farro/orzo/riso possibilmente sconditi.
Vero é che nel Kurdistan non si va avanti a pasta al forno lardellata fritta, peró dall’ “antipasto misto” uno si aspetterebbe un piatto un pó piú abbondante rispetto a una cazzuolata di hummus, un paio di falafel e un DADO minuscolo di feta...o no? (ho anche sbirciato la “crema di melanzane” arrivata al tavolo a fianco e soprattutto la faccia eloquente della ragazza che l’ha ricevuta!). Il mio “yogurt kebab” era invece di dimensioni accettabili e cosí il kebab arrotolato di CMB, peró non lo definirei certo il migliore mai mangiato...perché resto assolutamente settatta su quello di via Fratelli Calandra 6 (che mi sembra si chiami Belle Epoque); le altre amiche commensali hanno invece parecchio gradito il loro riso bianco con uvetta e sugo a parte (rosso con pezzettoni di patate). Non erano male i biscotti tipici, se piace lo stradolce mieloso mandorlato e/o coccato, e neanche la mappazza allo yogurt che ho preso io nonostante non sia riuscita a finirla data la corpositá pannosa. Secca un pó che su un elenco gia di per sé non troppo ricco sia di dolci che di té, di sabato sera per di piú, vengano fuori i classici “stasera non l’abbiamo”...ma pazienza. Il té alla menta di ripiego che ho preso mi é comunque piaciuto (anche se, a rischio di sembrare troppo puntigliosa, preferisco quello dell’Hafa Café di via S.Agostino 23). I prezzi sono comunque ragionevolissimi perché per un antipasto, un piatto unico, un dolce e un té e l’acqua abbiamo speso 14 euro a testa.Per riassumere, questo é un locale che definirei “senza infamia e senza lode”, che val sicuramente la pena provare una volta non foss’altro per l’atmosfera evocativa e la gentilezza del personale...e poi tornarci, cosí, tanto per...se si va al cinema da quelle parti!

domenica 27 febbraio 2011

Unknown

Ecco il bello di andare a vedere un film totalmente e irrimediabilmente prevenuti: che si può restare piacevolmente sorpresi. E' il caso di Unknown - Senza Identità, con Liam Neeson - che già di suo non rientra nel novero dei miei attori preferiti causa la scarsissima espressività facciale - ma che è riuscito a dar vita a un personaggio tutto sommato non troppo scontato e prevedibile nei panni di un botanico americano, a Berlino per partecipare a un convegno di biotecnologia, che resta coinvolto in un incidente d'auto e perde parzialmente la memoria. In due ore di film cercherà di mettere insieme i pezzi dei suoi flash e di capire perchè diavolo la moglie non lo riconosca più, nonchè si accompagni a un tizio che si spaccia per lui.
Il film ha molti echi di Frantic, di Ronin e delle classiche americazzate con inseguimenti on-the-road a cui il regista non riesce a rinunciare (battuta clou micidiale "Non ho dimenticato come ucciderti, stronzo!"...ma perchè, perchè???), però il colpo di scena finale c'è e lascia abbastanza spiazzato chi, come me, non aveva capito una mazza (CMB, che invece aveva intuito, assegna un 5 1/2 al film e sfoga la sua delusione sul successivo doppio kebab!).
Brava e sempre bellissima la taxista clandestina Diane Krueger e il grande Bruno Ganz nei panni di un investigatore privato ex-poliziotto della Stasi; odio psicosomatico estremo invece per Frank Langella che mi ha riportato alla mente il ruolo fastidioso a dir poco interpretato nel pacchianissimo The Box, una delle più grosse tavanate viste negli ultimi mesi.
E poi la MIA splendida Berlino d'inverno, che dire...

venerdì 25 febbraio 2011

Immaturi

Il mio incubo ricorrente – e non serve uno strizza per interpretarlo – é che mi chiamino dalla segreteria dell’universitá dicendomi che la mia laurea non é valida perché uno degli esami (di mate, nella fattispecie) é da rifare per un qualche disguido burocratico. Solitamente mi sveglio urlando, in un bagno di sudore&lacrime. Mai e poi mai vorrei rivivere l’ansia patologica di quegli anni e mai e poi mai avrei, adesso, la forza di volontá necessaria a concentrarmi per studiare quelle schifezze di materie che giá in epoca di neuroni “freschi” odiavo. Puah.
Nel film non é la laurea ma il diploma di maturitá, quello da riprendere dopo 20 anni di assenza dai banchi scolastici, ma il titolo gioca ovviamente sull’immaturitá dei protagonisti, tutti sulla 40ina ma ancora profondamente fragili e insicuri (mi immedesimo): chi non vuole diventare padre, chi non riesce ad affrontare una relazione stabile, chi vive ancora con i genitori dormendo nel letto a castello di quando era piccolo.
Quest’ultimo é stato il mio preferito, un comicissimo Ricky Memphis con mammina al seguito e padre romanaccio invece arcistufo della sua presenza in casa. Peró, peró...mica male anche gli altri attori (che poi son praticamente sempre gli stessi utilizzati per questi film sui 40enni in crisi; strano che non ci fosse Accorsi!), che sono riusciti a rendere bene e senza troppe melensaggini il senso di amicizia e affiatamento che li ha accompagnati per tutti gli anni post liceo: Ambra Angiolini in primis - ne ha fatta di strada da velina coglionicina con auricolare di Non é la Rai - Raoul per rifarsi gli occhi, Paolo&Luca nel pieno del loro stile, Alessandro Tiberi, giá apprezzato in Generazione 1000 euro, in un ruolo dolcissimo anche se di secondo piano, Barabara Bobulova che non credo di aver mai visto e mi é piaciuta molto nel ruolo di madre imbranata, e financo la Caprioli, che reggo pochissimo, ma che per una volta non ha una parte da donna facile, diciamo, e dicendo un paio di battute in croce, sembra quasi saper recitare. Menzione d’onore alla bambina che interpreta l’intraprendente figlia della Bobulova; le sue perle di saggezza elementare sui ruoli uomo-donna sono da manuale.

P.S. Sono andata anche a vedere Il Discorso del Re, ovviamente...gran film con straordinari protagonisti...ma per la recensione mi associo in pieno con l’irreprensibile: http://whambamthanks.blogspot.com/2011/02/il-discorso-del-re.html

giovedì 24 febbraio 2011

Le Cose che Non ti ho Detto

Potrebbe sembrare l’ennesimo libro sullo stile di quello lá che sussurrava ai cavalli (lo ammetto. L’ho letto, ai tempi. Mi ha fatto skifo ma so che nessuno ci crederá mai), invece é un bel poliziesco di Bruno Morchio, strizzacervelli genovese, scovato su ibs e acquistato convinta, dopo aver letto un bel pó di recensioni entusiastiche.
In effetti mi unisco volentieri al coro dei lodanti; la trama é intrigante al punto giusto, la scrittura scorrevole ma non banale, i carrugi della cittá vecchia descritti, a parer mio che proprio non li ho presenti, in maniera decisamente evocativa.
La storia racconta – in poche parole – un’indagine dell’investigatore privato Bacci Pagano, ingaggiato da una sua storica ex per fare da balia a un luminare della psichiatria da anni dedito all’alcolismo anziché ai suoi pazienti e sposato a una ragazza misteriosa dal passato piuttosto oscuro.
L’unica nota che ho trovato un pó stonata, forse, é l’atteggiamento vagamente snob del Pagano, che talvolta mi ricorda lo stile di Piazzese (autore che comunque mi piace parecchio, vedi post su “Il Soffio della Valanga”)...a partire dal nome che affibia alla figlia, Aglaja...ma non c’era un nome italiano sensato da darle, no...! In alcuni punti suona infatti secondo me quasi stucchevole e troppo forzato il suo dar sfoggio di cultura anche quando i paragoni potrebbero essere molto piú semplici, tipo: “...questa cosa qui é dolce come l’Ouverture 40 in Fa maggiore di Mozart...”...ma va lá, va lá, che vorrei proprio sapere quanti lettori hanno presente ció di cui stai parlando (me inclusa!).
Tali eccessi di spocchia sono comunque molto rari e devo ammettere di essermi sciroppata l’intero romanzo in 5 ore esatte, profondamente soddisfatta e scattante ai blocchi di partenza per comprarne altri.

martedì 22 febbraio 2011

One Year in Two Minutes!


No, ma sentite e ammirate sto video MERAVIGLIOSO!!!!!!!!!!!!!

lunedì 21 febbraio 2011

A che Punto é la Donna Informata sui Fatti

Nella notte dei tempi (ero alle medie, sigh) mi ero gioiosamente ingurgitata tutti i romanzi di Fruttero&Lucentini che mi aveva prestato mia zia, fanatica lettrice della strepitosa coppia. In un momento di impanicato vuoto librario (avete presente quando si fa via Garibaldi, piazza Castello, via Roma e non si trova UN libro che ispiri anche solo lontanamente e a casa il comodino giace impolverato e coperto di soli sciroppi per la tosse? Ecco, questo é il vero panico...), decido di comprarli in massa e rileggerli, tanto non ricordo cos’ho mangiato ieri a cena, figuriamoci libri letti piú di 20 anni fa. E inizio da “A che Punto é la Nottte”.
Beh, chapeau, innanzitutto. Al fiume di cultura storico-religiosa che trasuda da queste pagine imbevute di torinesissimo grigiore squallido di periferia metropolitana e buio lugubre di vicoli contorti del centro storico. Quando si vede che un Autore non é un pennivendolo capitato per caso in libreria.
L’intricatissimo poliziesco ruota attorno all’omicidio di un prete spretato che si attorniava di strambi adepti seguaci della gnosi e del sacro pneuma...termini astrusi e mistici che poco per volta gli autori riescono a sviscerare spiegandoli al lettore attraverso gli incontri che il commissario Santamaria fa nel corso dell’indagine che, a un certo punto, si intreccia con quella di un poliziotto infiltrato negli ambienti mafiosi per poi riunirsi alla fine in un’unica, avvincente, conclusione...e sciapó doppio a chiunque sia riuscito a intuire in anticipo chi fosse l’assassino.
Santamaria (che riesce sempre a esercitare il suo fascino latino sulla protagonista di turno!) compare anche in “La Donna della Domenica”, in cui si narra l’omicidio di un architetto un pó squallido, un pó voyeur, un pó ladro di progetti altrui, a cui l’assassino – e anche qui...capire chi sia é davvero un’impresa – sfonda il cranio con un’arma particolarmente goliardica e decisamente adeguata al personaggio.
Donne Informate sui Fatti” (che é peró del solo Carlo Fruttero) é scritto con le voci alternate delle protagoniste femminili e donna é anche l’assassinata, un’ex-prostituta sposatasi poi a un riccastro della Torino-bene; originalissimo questo susseguirsi di capitoli narrati in prima persona dove uno stesso fatto viene ripreso sotto le diverse luci dei diversi occhi che lo osservano.
Tutte e tre le vicende di questi romanzi sono permeate da un umorismo intenso, molto sottile e assolutamente mai volgare, anche quando l’argomento tocca temi piú piccanti. I personaggi sono sempre grandiosamente piemontesi con tutto il loro indignato snobismo lasmesté verso i terroni (ma che tenerezza, gli anni ’70...adesso l’odio di torinesi da generazioni e tarun trapiantati si coalizza in ben altre direzioni...). Alcuni che personalmente ho amato alla follia ridendo alle lacrime: il boss Fiat che si presenta sul luogo d’indagine circondato dalla classica torma di leccaculo, l’appuntato Luigina Pietrobono e il suo spassosissimo modo di prendere appunti pressoché in tempo reale abbreviando le parole (“A che punto é la Notte”) e for ever l’americanista Bonetto (“This is the Balloon” resterá un mito!).

mercoledì 16 febbraio 2011

I’ll be Your Mirror – Nan Goldin

http://www.youtube.com/watch?v=BUIAsWsqiyk

Clo mi ha scritto una bellissima frase a proposito di questo documentario che ieri ci siamo sciroppate all’insegna dell’allegria galoppante e sfrenata:
“Non ho ancora capito se la NY degli anni ‘70 ha prodotto solo artisti o se qualsiasi depravato che ci abbia vissuto sia considerato artista solo per essere stato al posto giusto nel momento giusto a fare le cose sbagliate”.
Direi che ha riassunto in 2 righe il pensiero dell’intera sala. Party alcolici, abuso di droga, sesso libero&selvaggio e orge varie (uomini, donne, trans, gaylesbo, drag queens, cani, porci) erano all’ordine del giorno nella vita da ventenne di questa fotografa che inizia a scattare immagini di persone come tracce, per non perdere mai il ricordo di coloro a cui vuol bene. Sconvolta dal suicidio della sorella maggiore quando era ancora una bambina, Nan scappa a NY appena quattordicenne e inizia la sua ribellione a suon di eroina, circondata da un gruppo di amiconi drugá ma con i quali tuttora mantiene ottimi rapporti dopo un tot di passaggi in clinica per disintossicarsi. Con i sopravvissuti, ovviamente. Perché con l’arrivo degli anni ’80 arriva anche l’AIDS e pretende il pagamento per l’abuso di droga, il sesso libero&selvaggio e le orge varie (uomini, donne, trans, gaylesbo, drag queens, cani, porci).
Questo é stato l’aspetto che mi ha piú colpita e che meglio ha reso, secondo me, il senso di perdita che deve aver sperimentato l’autrice (il documentario é autobiografico e narrato in prima persona) che si chiede con che criterio alcuni si siano ammalati e altri, come lei, no, nonostante tutti fossero ugualmente coinvolti...il sapore della libertá assoluta che all’epoca si credeva di avere, il pensare di poter esagerare in vizi e perversioni senza limiti di sorta e senza un prezzo da pagare...e la sua brusca interruzione all’arrivo di questo fantasma dai contorni indefiniti, che ha iniziato a colpire qualcuno come una semplice infezione polmonare e poi uno dopo l’altro in tantissimi hanno cominciato a incavarsi e a morire con una flebo nel braccio e l’amico di fianco al letto a reggergli la mano scheletrica per l’ultima volta. “Ci credevamo immortali”, ha detto un intevistato, HIV positivo, che prende 4 pastiglie al giorno per tenere a bada le infezioni mentre ammette la paura che lo assale quando si rende conto che sta per morire anche lui.
Temevo che il documentario fosse per “pochi radical chic” (citazione molto attuale) e/o intellettualoidi da strapazzo, invece l’ho trovato commovente e ben articolato fra fermi immagine, interviste, voce fuori campo con racconti di vita vissuta. Che poi, esattamente come Clo, mi venga il dubbio che l’Arte sia spesso da ricercarsi da tutt’altra parte...é un’altra storia ancora.

venerdì 11 febbraio 2011

World Press Photo 2010

Ecco, senza falsi moralismi, domenica 13 alla marcia contro lo zoccolaio berlusconiano, le veline, le puttanine, le tette&i culi imperanti, farei un enorme striscione con questa, giusto per ricordare a tutta sta mandria di manze che vendono i loro quarti di carne andata a male per una foto su Novella 2000, che di DONNE che invece vengono affettate per davvero, ahimé, al mondo ce ne sono.

martedì 8 febbraio 2011

La Duja

Finalmente:
a) Metá é uscito dall’uff a un’ora accettabile anche per noi umani e
b) sono indi riuscita a testare la vineria La Duja a Cirié (via Cavour 13, 011-92.222.90), visto che da un paio d’anni smarronavo a riguardo colui di cui al punto a)

Niente male davvero...é valsa la pena aspettare e smarronare.
Cucina da piola piemunt liber e arredamento adeguato (c’é anche una sala che ha il caminetto!), la Duja propone un bel menú alla carta vario e anche abbastanza originale, che comprende, oltre ai grandi classici salumi-formaggi-vitello tonnato-ravioli del plin-bagna caoda, filetto mele e cipolle (l’ha preso Metá e gli é piaciuto, l'ha solo trovato leggermente inspido), filetto alla Voronoff (l’ho preso io e mi é piaciuto perché io mica sono cosí pistina), tagliata con pere al barbera, gnocchi con fonduta, grigliata mista di carne rossa e pollo (l'hanno presa quelli del tavolo a fianco e sembrava molto bella e buona), cartocci di toma al forno (li ha presi Metá e gli sono piaciuti), insalata di verza con peperoni alla griglia e bagna caoda (l’ho presa io e mi é piaciuta).
Noi abbiamo speso 65 carte in due per un antipasto, un secondo, un dolce (tortino al cacao con cuore caldo, buonissimo!) e un bicchiere di vino a testa, ma per le buone forchette ci sarebbe il menú degustazione a 28 euro che comprende due antipasti, un assaggio di due primi e un secondo (e forse anche il dolce, non ricordo), oppure a 32 con una degustazione di 2 vini...onestissimo! Unica pecca, forse, il classico “vorrei un bicchiere di Traminer”, “purtroppo questa sera non l’abbiamo”, “vorrei un bicchiere di Ruché”, “purtroppo questa sera non l’abbiamo”...ma dai, sei una VINERIA...ti avessi chiesto un Sassicaia millesimato del ’68...comunque pazienza, le alternative, il Greco di Tufo di Metá (Gesú, ha preso un bianco abbinato al filetto, con che razza di peone mi accompagno...) e il Nebbiolo d’Alba che ho preso io (notoriamente donna di gran classe), erano validissime.
Carina l'idea della moka singola portata direttamente in tavola al momento del caffé!

lunedì 7 febbraio 2011

Odore di Chiuso

Ecco, quando un Autore si rende conto di aver esaurito una vena e decide di cambiare genere rinnovandosi e ringalluzzendosi anziché sfinire il lettore con personaggi e trame che ormai non hanno davvero piú nulla da dire (non faccio nomi, la Vargas, una per tutti), va apprezzato, lodato e comprato.
Il terzo libro del Malvaldi sui dannati vecchietti del Bar Lume aveva, francamente, rotto i marroni (vedi post apposito). Invece questo Odore di Chiuso, pur restando sul genere giallo, viene ambientato nella Toscana dell’800 e il protagonista é il buongustaio Pellegrino Artusi, noto creatore di ricettari di fama mondiale (sembra sia il terzo autore italiano piú letto al mondo!)
E il libro risulta spiritoso, movimentato, la trama ingrana subito, i personaggi ben caratterizzati e davvero umoristici in alcuni loro comportamenti (i fratelli Lapo e Gaddo, nobilmente imbecilli ognuno a modo loro, la baronessa nonna, disabile ma svicia, il Delegato Artistico perseguitato dalla fama del suocero solo per citarne alcuni).
Inoltre il Malvaldi dimostra di avere una buona dose di cultura dell’epoca (che non guasta), che riesce a integrare abilmente nella storia senza per questo risultare spocchioso o saccente, anzi...ben venga conoscere aspetti a me ignoti della societá ottocentesca e dell’Artusi stesso (ignoravo ad esempio che la sua fama avesse cosí ampia risonanza), esposti sotto forma di romanzo.
E bravo Marcolino...bell’idea e ottima realizzazione. Speriamo non ricominci con i vecchiacci!

Rosoni

Codesta é una ricetta ganzerrima suggeritami dagli amici bolognesi e che io ho adattato alla torinese, anzi alla “arrivo a casa alle 8 e per non fare il caffellatte, affetto pasta e la riempio di prosciutto&formaggio” (il tempo di preparazione é praticamente lo stesso!).

Ingredienti:
- fogli di pasta tipo quelli per fare le lasagne (2 a testa)
- prosciutto cotto (2 fette a testa)
- formaggio a piacere (io ho usato toma e gorgonzola!)
- x la besciamella: burro, latte, farina, sale q.b.

Preparazione:
Far bollire l’acqua per dare una scottatta ai fogli di pasta e nel frattempo accendere il forno a 220˚ e tagliuzzare il formaggio a striscioline.
Sbollentare pochi minuti un foglio di pasta alla volta, scolarlo, stenderlo e rimpirlo con le fette di prosciutto, il formaggio e arrotolare il tutto tipo cannelloni. Tagliare quindi il rotolo ottenuto a fette larghe 2-3 cm e posizionare i vari rotolini in piedi in una teglia (una porzione corrisponde all’incirca 2 fogli di pasta a testa).
Una volta completata la teglia, cospargere il tutto con la besciamella (una noce di burro fatta sciogliere con un cucchiaio di farina e latte fino a ottenere un composto cremoso ma ancora abbastanza liquido) e con abbondante parmigiano.
Infornare 10-15 minuti fino a quando sui rotoli di pasta compare una bella crosticina dorata.

mercoledì 2 febbraio 2011

Arto Paasilinna

Due romanzi dell'Arto mi sono stati consigliati dalla stessa persona che mi aveva suggerito “L’assassino qualcosa lascia” della Mogliasso, divertentissimo (altrettanto valido, a proposito, "L'amore si nutre di amore", il suo secondo romanzo, con scoppi sporadici di risa alle lacrime assicurati. La commissaria e l'assurda sorella "Torino Bene" sono semplicemente fantastiche!).
Invece “Piccoli suicidi fra amici” e “Prigionieri del Paradiso” non mi hanno convinta per niente. Non sono assolutamente noiosi né scritti male, ma nonostante questo ho sempre l’impressione che la trama stenti a ingranare e si perda in dettagli e descrizioni che fanno pagine ma non azione. Mi aspetto un colpo di scena dietro l’angolo – perché entrambe le storie hanno ottimi presupposti perché effettivamente un colpo di scena ci sia – ma invece si gira pagina e…non succede nulla di rilevante se non un’altra giornata di ordinaria “follia”.
Perché di “follia”, alla fin fine, si parla in entrambi i romanzi. E di fuga, volontaria o meno (la programmazione di un suicidio collettivo e perfettamente organizzato e un incidente aereo con relativo naufragio su isola deserta), dalla società e dalle sue regole. Mah, sarà lo stile finnico e il ritmo cadenzato delle brevissime giornate nordiche che si riflette in una scrittura abbastanza piatta e monocorde. In effetti anche i polizieschi di Sjowall e Wahloo non erano propriamente Ken Follet…e anche in questi romanzi ho di nuovo, per altro, il problema di riuscire a memorizzare ‘sti nomi impronunciabili con mille dieresi.
Altra pecca - ma questa certo non imputabile all'autore - il dannatissimo formato dell'Iperborea, davvero scomodissimo da leggere. Basta Arto.