venerdì 23 aprile 2010

Picnic a Hanging Rock

Questo romanzo è LUMINOSO. Fin dalle prime pagine si irraggiano la luce dell’Australia e i suoi colori desertici illuminati dal sole a picco. Le trine e i pizzi candidi dei vestiti estivi che svolazzano nell’aria afosa all’ombra della Roccia. Il rosso intenso della pietra che si intravede fra i radi spruzzi di eucalipto. Il fiume scintillante che le ragazze attraversano durante la loro fatidica ultima passeggiata. L’atmosfera limpida ma assonnata e oziosa di un caldo pomeriggio di svago. I fiori nel giardino del collegio che dipingono le aiuole all’inglese. Sono lampi di luce intensa che l’autrice riesce a far percepire e VEDERE al lettore, come se anche lui/lei fosse lí sul misterioso monolite a cercare di intuire la sorte toccata alle protagoniste.
La storia si dice ispirata a un fatto realmente accaduto nel 1900, il giorno di San Valentino, quando 2 ragazze e la loro insegnante di matematica scomparvero senza lasciare traccia nei meandri della Roccia, piena di caverne e anfratti inesplorati. Una terza allieva dell’esclusivo collegio Appleyard, vicino a Melbourne, venne ritrovata dopo 8 giorni in stato di shock e incapace di ricordare alcunchè di quanto accaduto alle altre.
Ho letto su wiki che l’autrice ha dovuto eliminare l’ultimo capitolo del romanzo, quello in cui spiegava il mistero (http://it.wikipedia.org/wiki/Hanging_Rock_(Victoria))...ma sempre su wiki ne viene poi riportato il riassunto, contenuto in un libricino minuscolo mai uscito in Italia, e il finale mistico-esoterico con voragini spazio-temporali alla Star Trek, in un romanzo invece molto concreto e truce, per certi versi, a parer mio risulta un pò eccessivo. Molto meglio la sospensione voluta dall’editore all’epoca, che lascia sicuramente con l’amaro in bocca ma permette di immaginare qualunque cosa. Anche che si siano salvate. E perchè no? Io ODIO il finale di Thelma&Louise!
Va detto che l’aura onirica che circonda la Roccia è palpabile fin dai primi sguardi che Miranda e le altre rivolgono verso l’alto. E’da brivido la descrizione dell’occhiata assente e quasi fanatica che rivolge a una compagna, Edith, l’ultima a vederla viva, prima di scomparire in uno sventagliare di merletti e di scarpe abbandonate – anche questa molto vivida, come immagine cromatica - dietro al picco che le nasconderá per sempre. Angosciantissimo l'urlo di Edith nel silenzio spettrale quando si accorge di essere rimasta sola (mi ha ricordato l'inizio di "The hole", dannatissimo film claustrofobico). Il "Picnic" è davvero un romanzo che allerta e soddisfa per lo meno 2 dei 5 sensi, vista e udito...e il senso di mistero, di paura e di impotenza nei confronti di una scomparsa inspiegabile e dai contorni quasi magici lo dominano per intero, cosí assolutamente ansiogeni, ma proprio per questo cosí assolutamente affascinanti.

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